Quand'ero piccolo, andavo a giocare in un campetto nel quartiere Lingotto di Torino chiamato "Karl Marx".
Una volta chiesi a colui che nella mia vita per breve tempo adottai come padre, il meraviglioso operaio Francesco del secondo piano: - "Chi è Karl Marx?" Lui ci pensò pochissimo e mi rispose così: "È un signore che ci ha detto che non è giusto rubare il tempo agli uomini in cambio del pane". Io non capii. Ma mi rimase dentro la vita questa frase, mi rimase per sempre nello sguardo e nelle vene e nelle mani, sia quando sono carezza, sia quando sono pugno chiuso verso il cielo. Oggi è l'anniversario della nascita del Partito Comunista Italiano. Riuscii a votarlo una volta, prima che coloro che oggi lo celebrano decisero di cambiarlo geneticamente. E allora alzo quel pugno antico e sempre appena nato, verso questo cielo sotto al quale la politica può essere democratica, a patto che non sia democratica l’economia. Perché nel mondo dove dire "ideologia" si fa peccato (a meno che non si celebri l'unica idolatrabile, il neoliberismo) Marx è e sarà il pensatore che più ha subito tentativi di ridimensionamento, accantonamento, infiniti tentativi di riporlo nel dimenticatoio, e tuttavia, anche oggi, la sua opera rimane viva e palpitante. E nella nascita di quel partito ci sono le storie mai narrate, i dimenticati, le lotte per coloro che contano solo se dimenticano il proprio volto, un partito nato da giganti, giganti perché parlavano non solo agli uomini dell’epoca, ma parlano ora, a noi, adesso. Il degrado è, ancora e sempre, rubare tutto il tempo della vita in cambio del pane. Dentro l’anno passato c’è il mondo interrotto.
Ma io non vi voglio augurare di riprendere la “perduta normalità”. Perché la normalità aveva già in sé qualcosa di abnorme e folle e anormale, qualcosa di ben più grande che già era stato interrotto, ben prima che ad interrompersi fosse la nostra quotidianità. Io vi auguro di ritrovare ciò che si interruppe, o che fu trascurato, o svilito o addomesticato molto prima di un anno fa, molti, molti anni fa, sino a dimenticarcene: l’idea di un “noi” più grande di quella del nostro ombelico. La visione di una famiglia che non finisce sul pianerottolo del nostro appartamento, ma che lì comincia, proseguendo sulle panchine, sui treni, nel luogo di lavoro. Nelle strade di mille sguardi sconosciuti e abitati da storie degne d’essere ascoltate, aiutate, com-prese. Vi auguro di riprendere il filo perso tantissimo tempo fa, il filo che ci rende vicini a ciò che siamo nati per riuscire a fare: il tentare di ritrovare i nostri ricordi di esseri umani in divenire là dove li avevamo lasciati o seppelliti, ben prima dell’arrivo del Covid: tornare a provare a nascere veramente. Questo nuovo anno ha ancora dentro di sé la parola “venti”, con un “uno” a seguire. Ma “venti” sarà sempre anche il plurale di - “vento”. E allora vi auguro di riprendere il vostro mondo, ma con dentro dei venti nuovi. Venti che scorrono in vie zeppe di un sole chiamato dignità, di venti che sanno entrare anche nei tombini dell’ingiustizia, tra gli stipiti di finestre di quella solitudine che sbatte sorda, venti che sono anche banalità, e roba da bere, e pioggia, e vomito, e cicatrici, e scintille e lune piene – ma sempre dentro l’umano e la difesa dell’uomo. E vi auguro di fare errori. Gli errori che si fanno quando non si può fare altro che quelli. Perché sempre, da sempre e per sempre, è negli errori che si vive, che si cammina. Coi Venti in volto. Vi auguro un 2021 che non sia un ricominciare la vecchia normalità. Ma che sia un risveglio. Fate nuovi errori. Fate gloriosi, stupefacenti errori. Buon anno, a tutti, con i venti dietro a pulire i nostri sguardi. |
ALESSANDRO NEGRINI
Appunti, provocazioni, pinte e danze. Archives
June 2024
Alessandro Negrini
Regista per errore, poeta per caso, flaneur per scelta. |