IL MIO CV.
Spesso mi accade che mi chiedano che studi io abbia fatto per diventar regista. E la mia risposta è pressochè sempre la stessa: la mia vera università, sono stati i Pub e i Caffè. Lì, vi ho divorato i migliori libri, scritto i miei diari e le poesie peggiori, ascoltato racconti che contenevano, senza saperlo, Foucault, Edgar Lee Masters, Anaïs Nin, Baudelaire. Lì ho scoperto mondi nascosti dentro a persone che, senza saperlo, erano libri, quadri di Hopper, musiche che intonavano sogni dimenticati o speranze mai svilite. Lì, al bancone o al tavolino, disegnavo mappe, panorami di mondi e storie da andare a scoprire. Ma il mio giardino d'infanzia sono state le sale da ballo. La più leggendaria, era l' "Esedra Dancing" di Cattolica. Ci andavo da bambino con mia mamma. Lì assistevo al grande spettacolo: l'avvicinarsi per un invito, le donne che misuravano l'attrattiva di un uomo da come i suoi piedi sapessero muoversi sulla pista, e poi l'orchestra che mi salutava ed io mi sentivo a casa, e poi i camerieri, che mi riconoscevano e senza chiedere mi portavano il bicchiere d'orzata. Lì, a volte, mi addormentavo felice. Le donne eleganti e i loro profumi, le timidezze e le vanterie, le avances e i rifiuti, tutto quel mondo era in sè una danza che osservavo e bevevo come un grande spettacolo, tra le cui braccia volteggiavano tutte le mie rêveries. Sono mondi scomparsi, che mi visitano di sorpresa come un inaspettato valzer, e mi ricordano da dove vengo. Dai bar e dalle sale da ballo. Vi incontrai bussando alla vostra porta. Così, come fanno i postini. Solo che io non avevo nulla da consegnare, se non la mia faccia da bracconiere di storie, di cercatore d'oro non da vendere, da vivere. All’epoca stavo cercando suggestioni per il mio film “Paradiso”, ma anche risposte al disorientamento che sempre provo rispetto a chi ha deciso di rimanere a vivere in un quartiere prigione.
E così, dentro quel quartiere prigione, scoprii voi due: Kathleen e May. In quelle lunghe chiacchierate e tanti caffè, mi gustavo ogni vostro gesto di bambine mai domate. Più tempo passavo con voi, più scoprivo che si può essere 80enni e tuttavia prodigiosamente più giovani di tanti, troppi, vecchi 30enni. Scoprii che si può portare a passeggio la gioventù eternamente, se non la si soffoca col disincanto, e che occorre un sacco di tempo per diventare giovani. E scoprii che volevo ballare con voi, sempre, da sempre e per sempre. A fare giravolte d’allegria inaspettate, passi di un ballo indomabile, danzando in faccia a un mondo che vi voleva solo passate e finite. A ballare il tango dello sguardo mai domato, né dalle sconfitte né dalla dimenticanza. Se esiste un elisir anti invecchiamento dell’anima, voi ne custodivate il segreto, e lo applicavate ogni giorno. Ricordandomi, senza nemmeno saperlo, che la vita è una danza brevissima, e star seduti al tavolo mentre il giradischi suona è il solo vero peccato. Da quel giorno, e per sempre, voi due mi avete invitato a ballare quel tango. Un tango fatto di leggera allegria, come i passi che mai devono appesantirsi per non finire su quelli degli altri. Durante le riprese, filmarvi non era un lavoro, era una festa. Interrotta sistematicamente dal vostro trascinare me e la troupe nella “pista da ballo” della vostra cucina. Dopo il successo di ‘Paradiso’ ogni tanto venivo a trovarvi, a volte senza annunciarmi. May mi aprivi e sulla porta dicevi - Kathleen, Alfred Hitchcock è arrivato, metti su il caffè. - Poi il caffè ce lo dimenticavamo, perché a venir su era la voglia di ballare in cucina. Rammento che poco prima che uscisse Paradiso, vi facemmo vedere il film in DVD, ma con la promessa di non farlo vedere a nessuno prima della sua uscita sulla BBC che ne richiedeva l’anteprima. Voi, alla domanda dei vostri figli – Ma voi l’avete visto il film? - con innocente astuzia rispondevate - Noi? No no, noi non sappiamo nulla. Poi, una volta usciti i vostri figli, chiudevate la porta e di nascosto rimettevatesu il DVD, per stupirvi ancora una volta d’esser finite in televisione per colpa di “Alfred Hitchcock”. Io vi guardavo, e vedevo le risposte a tutte le domande, a tutti i mugugni, a tutte le lamentele dei trentenni, dei quarantenni, dei ventenni: “La vita non è la festa che ci aspettavamo. Ma siamo qui, e balliamo.” Ora ve ne siete andate, come fanno i grandi ballerini, senza dirlo, e chissà quali nuovi piedi di quale nuovo ballerino state scrutando. Ciao mie dolcissime May e Kathleen. Non vi mollo, ovunque siate finite. Vi porterò su qualunque pista, in tutte le sale da ballo della mia vita, in tutti i passi di una danza dove la vita sorride anche quando perde. Vi terrò vive, come voi non invecchierò dentro mai. |
ALESSANDRO NEGRINI
Appunti, provocazioni, pinte e danze. Archives
June 2024
Alessandro Negrini
Regista per errore, poeta per caso, flaneur per scelta. |