È certo, e lo è per la sequenza dei fatti nella Storia: per poter arrivare ad entrare negli alti luoghi del Potere politici ed economici - in questo sistema neoliberale-postfascista - una donna può solo essere una donna abitata da una visione maschile, prevaricatrice e a difesa dello status quo:
dalla manager che licenzia e delocalizza per arrivare alla Thatcher e le successive premier inglesi, alla presidente antiabortista del Parlamento Europeo Roberta Metsola, per passare alla premier progressista finlandese Malin, che fa costruire un muro con filo spinato per impedire l'arrivo di cittadini russi in fuga dalla Russia, senza dimenticare una delle donne icone del femminismo liberal, la guerrafondaia Hilary Clinton: donne prone alla difesa dei cardini che reggono l’esistente, violente nell'impedire qualsivoglia dubbio che possa porsi nel loro essere posizionate nel pieno centro del volere neoliberale, quello sempre a tutela dei forti, sempre diseguale verso gli ultimi, sempre entusiaste di questa società plasmata da maschi, bianchi, privilegiati. E se si è anche un po' fascisti non importa, sarà sufficiente rassicurare i Mercati. Che non venga il dubbio a chi loro consente di arrivare nelle stanze del potere, che queste poche donne non siano - come invece sono - identiche a tutti gli uomini che hanno gestito il potere prima di loro, se non peggio, perché tutto il loro fare ed il loro dire si riassume così: “Uomini potenti, Mercati, state tranquilli: se sono arrivata sino a qui è perché sarò fiera servitrice dei modelli che avete sempre voluto, creato, protratto: sarò un maschio di destra neoliberale. Non più i corpi, ma i volti delle donne usati dagli uomini come cavallo di Troia per veicolare, talvolta in misura più feroce, sempre le stesse ricette: proteggiamo i forti, attacchiamo i deboli, convincendoli in nome di una emergenza che siamo dalla loro parte e – tutti sulla stessa nave. Peccato che mai nessuna di queste donne, proprio come i loro predecessori uomini, mai si preoccupino di dire che su questa nave c’è chi viaggia in prima classe, chi in seconda, chi in terza, chi in quarta, e che le scialuppe di salvataggio sono state pensate solo per la prima. Tutto questo vale a destra, e vale nella presunta “sinistra”, nella quale si consente alle donne di toccare il potere solo se incarnano gli stessi valori della destra, guerre, bellicismo, disuguaglianza - abbracciando però – stando nel pieno centro del proprio privilegio liberale e nella piccola circoscritta parte di mondo dei protetti, alcuni temi sui diritti civili. Ed è anche per colpa di questa “sinistra”, che le donne al potere oggi, tutte, sono uomini più feroci degli uomini. E che ora sui TG, sui giornali nei talk, si dia il via al ballo in maschera con la canzone che suona allegra, felice e mascherante: finalmente una donna al potere. Alessandro Negrini "Negrini, quando e se cascherà un divano dal cielo, allora potrà dire che lo scopo dell'uomo è oziare e godersi la vita".
Prof.sa di Tecnica Commerciale, Scuola secondaria Rosa Luxemburg, Torino, tanti anni fa, in risposta all'alunno Negrini. Foto: decenni dopo, la risposta. #rispostedeltempo Diceva Eduardo Galeano che il linguaggio è il più grande strumento di scippo della Storia. Le parole, nate per definire le cose, per dare loro volto, divengono velo per occultarle, sbiadirle dentro un revisionismo graduale ma incessante. È la grande macchina dell'oblio obbligatorio, che non necessita nemmeno più di censura, ma di abili operazioni di neutralizzazione dei significati e delle responsabilità. Ma la Storia, non è mai neutrale.
Il 14 giugno del 2011 il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 101 che istituisce la Giornata nazionale in "Memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall'incuria dell'uomo". Da allora questa Giornata ricorre il 9 ottobre di ogni anno, giorno dell'anniversario del disastro del Vajont. Ho passato tanto tempo in questi anni a frequentare e ad ascoltare gli ertani. La loro fatica anche solo a parlare di quella ferita mai chiusa, sempre in faccia a loro, con quella lama bianca, quel pezzo di Monte Toc mancante davanti ad ogni finestra che si apre. Il perenne silenzio sulla seconda storia del Vajont, quella mai narrata, quella che voleva fare sparire Erto dalle mappe per sempre dopo il disastro, con parte degli ertani a ritornare abusivamente nelle loro case e a resistere contro quella sentenza degna di una favola al contrario: Erto cancellata dalle mappe. Da undici anni, "Incuria": come se si fosse trattato di una mal manutenzione della diga. E non di una regia precisa e consapevole, di un disastro compiuto dalle mani non dell'Uomo, espressione generica, ma dell'Uomo al cieco servizio del profitto. Il risultato di un pianificato percorso di arricchimento spietato, crudele, disumano anche al costo del rischio della morte di migliaia di persone. La favola, tanto cara a Draghi ed oggi a chi gioca al gioco della guerra, del rischio calcolato. E che importa se quel calcolo non verte solo su equazioni ma su vite umane. Undici anni dopo, quella formula usata nella legge e quella parola 'incuria", votata da tutti i partiti, contestata da nessuno se non da coloro che non l'"incuria", ma la pianificazione del profitto anche a costo della morte l'hanno conosciuta spalanca il bisogno di difendere, sempre, la Storia dai tentativi di rimontaggio e ri-scrizione. La diga resse. Quasi duemila persone persero la vita. I famigliari, per anni, per poter testimoniare o anche solo assistere al processo dovettero recarsi a L'Aquila. Perché è anche stancando la rabbia delle vittime che il potere protrae l'ingiustizia. La sentenza definitiva della Cassazione arrivò 14 giorni prima della prescrizione, il 25 marzo 1971. Furono condannati i pesci piccoli. Cinque anni a Alberico Biadene (dipendente Enel-Sade) e tre anni e otto mesi a Francesco Sensidoni (dipendente del ministero dei Lavori Pubblici) ritenuti responsabili del reato di inondazione - frana compresa - e omicidi. Sia Biadene che Sensidoni godranno di un condono di tre anni. Enel e Montedison (ex Sade) vengono estromesse dal giudizio penale in sede d'appello: la valutazione delle loro responsabilità viene rimessa al giudizio civile, che le condannerà in solido al risarcimento dei danni. E allora, nel grande quotidiano spettacolo dell'avvelenamento semantico, dove la parola "Potere" sempre più si identifica con "Impunità", in questo paradigma italiano che sembra eterno - il Vajont non è pluriomicidio premeditato, non un crimine contro l'umanità. Ma disastro causato dall' "incuria". Sì, incuria. Ma del rispetto della Storia. E tuttavia la memoria, inscalfibile, è sovversiva, perchè scavalca la diga più pericolosa, quella delle parole nate per neutralizzare le responsabilità. Un abbraccio, lungo e perenne, a coloro di cui conosco i volti, ed il loro indomabile esigere dignità per la loro storia, volontà che mai sarà domata. Mai. Alessandro Negrini INCURIA [in-cù-ria] s.f. (pl. -rie) Mancanza di cura, di diligenza; trascuratezza: i. nel fare un lavoro || Sciatteria: i. nel vestire |
ALESSANDRO NEGRINI
Appunti, provocazioni, pinte e danze. Archives
June 2024
Alessandro Negrini
Regista per errore, poeta per caso, flaneur per scelta. |