Lo amo perché sul campo era l'equivalente del cinema e della prestidigitazione. Era lo stupore. Era l’imprendibile. Come se la partita fosse tra Maradona e i birilli. E invece erano giocatori avversari che sembravano correre a rallenty, ipnotizzati da un incantesimo. Era Houdini. Lo amo perché era l’opposto di questo football, asettico, venduto, ridotto a indici da quotare in borsa. Perché lo scopo primario nel gioco di Maradona non era nemmeno vincere, era prima creare la meraviglia. È quello che deve fare il cinema, l’arte: riuscire ad avvicinare anche chi non sarebbe avvicinabile. Creando ciò che in questa società del disincanto è sopito se non estinto: lo stupore. Ma soprattutto lo amo per questa ragione: non perché provenisse dal più povero dei sottoproletariati argentini, il barrio Villa Fiorita. Non per il suo riscatto sociale basato sul suo genio che gli ha dato fama e ricchezza. Né per essersi tolto da quell’Olimpo che forse non lo voleva più e lo preferiva caduto nella polvere. Lo amo perché ha fatto una cosa che nessuno faceva, fa e farà nel mondo dello sport (e tantomeno nel mondo della cultura): schierarsi. Schierarsi contro i padroni della terra. A fianco dei dimenticati e degli oppressi. Gli stessi dimenticati dai quali lui proveniva. Perché schierarsi costa, sempre. Sia che i potenti siano i padroni del Fútbol come Havelange, sia che siano i presidenti delle nazioni che dichiarano “Missioni di pace” bombardando a 3000 metri di altezza, come George W. Bush. Lo amo perché, in controtendenza ai tempi in cui gli stessi oppressi finiscono col difendere il loro oppressore, Diego Maradona aveva una qualità culturale, umana e intellettiva che se è oggi rara in chi è oppresso, ancor più rara lo è in chi riesce ad emergere dalla miseria come destino obbligatorio: aveva - la coscienza di classe. Quella consapevolezza, il sapere di provenire dalla parte di mondo defraudata, sfruttata, inginocchiata che ipocritamente viene chiamata “I Paesi in via di sviluppo”. Il sapere che c’è una Storia non detta, una seconda Storia: quella degli oppressi, dei diseredati, di tutti quelli che non sono riusciti o non hanno potuto uscire dal fango di un’altra Villa Fiorita, e non dimenticarsene. I suoi sbagli li ha pagati. Ma Maradona ha incarnato anche un altro paradigma di classe: se a compierli quegli sbagli è un uomo fuori sistema, che viene dal sud, e che quel sistema osa criticarlo, quegli sbagli li deve pagare. Se a compierli è un uomo gradito al sistema, il prezzo da pagare diviene molto più esiguo. Come Michel Platini, per esempio, le cui vicende di corruzione mai hanno condizionato la narrazione che di lui viene fatta né mai hanno demonizzato la sua immagine. Mai si dirà di Platini “Era un grande, ma come uomo era piccolo”. Perché non veniva dal mondo dei dimenticati senza dimenticarsene, perché non aveva mai osato opporsi al mondo che lo aveva coperto d’oro e poi spremuto come un limone. In una trasmissione televisiva di tanti anni fa, poi ripresa nel docu-film di Asif Kapadia, Italo Cucci disse che “Maradona è un singolare caso di entusiasmi che si sono via via tramutati in disappunto. Perché tutti speravano che andasse a Napoli a fare il figurino ma non a vincere. Appena ha cominciato a vincere e diventato subito antipatico. Poi lo hanno anche accusato di essersi arricchito e di aver voluto fare le feste che di solito fanno i ricchi con lo stesso cattivo gusto, ma siccome lui è originario povero non se le poteva permettere.” Lui. Tracagnotto e non fighetto come i giocatori debbono essere dagli anni 80 in avanti. Verranno fiumi di inchiostro a spiegare perché Maradona deve essere ridimensionato. Così come arriveranno fiumi di elegie annacquate che tenderanno a neutralizzarne la storia politica, esattamente come la cultura pop ha neutralizzato la storia di Che Guevara . Lo amo per essere diventato, come disse Eduardo Galeano, “un dio sporco, il più umano degli dei”. Per essersi tirato giù da quell’Olimpo da solo. E una volta a terra, una volta sporco, si è schierato con quelli di cui a nessuno frega più di un calcio di rigore. Perché mi ricorda che anche caduti nel fango, occorre avere coscienza storica e avere il coraggio di pronunciare i nomi di chi pratica l’infamia contro chi non nasce nel simbolico Nord della vita. Lo amo perché, forse senza saperlo, Diego Maradona è stato tutti i Sud del mondo. |
ALESSANDRO NEGRINI
Appunti, provocazioni, pinte e danze. Archives
June 2024
Alessandro Negrini
Regista per errore, poeta per caso, flaneur per scelta. |