MAREE E BANCHI DI SCUOLA

Mi ricordo una volta, quando facevo il bidello, durante l’intervallo un bambino venne da me e mi chiese: “Quando guardo il fiume che si sposta, è sempre lo stesso? E lui mi vede o non mi vede?
Quella domanda furlesca mi è ritornata dentro oggi. Perché conteneva senza saperlo tante cose. Quando fai un film, proprio come un fiume, non sai bene dove arriverà.  Dove vanno le cose che vediamo, che creaiamo o che semplicemente raccontiamo? Con cosa si mischiano? Diventano altro, confluiscono dentro a un estuario d’incontri, inabissamenti e affioramenti.
Un poeta che non ebbe fortuna se non con le donne, disse una volta: ci sono storie, diceva, che quando le racconti si consumano. Diventano banali nel momento in cui le scrivi o le ascolti. Altre invece che crescono, s’infoltiscono di foglie – diventano vive a prescindere da te.  Le senti germogliare mentre le ascolti. A me per esempio piace scrivere e raccontare seguendo la traccia delle contraddizioni, come certi scultori che lavorano il legno seguendo una vena strana del legno, come un suggerimento. E mi auguro sempre che le cose che creo e che ospitano il mio sguardo, diventino anche di altri, che mi portino via, come se fossero solo radici nascoste e chissa’ dove sbucheranno i suoi germogli. Non  so se ne sono capace. Ma scoprire che Tides sia finito dentro la discussione di una classe di una scuola mi dà la stessa ebbrezza di quando scopro che il vino non era solo vino, che un libro non era solo libro, che i banchi di scuola non debbano esser solo banchi.
Grazie agli studenti dell’istituto Mazzotti, e alle loro preziose insegnanti, per aver fatto germogli del mio film.  Vi auguro di proseguire a vele spiegate, “in direzione ostinata e contraria” questo vostro viaggio, ovunque vi porterà.