Ho fatto un altro sogno bellissimo.
Una mattina, di colpo, senza preavviso, le persone lamentose da lockdown che vivevano in appartamenti con vista mare, o vista montagna, o collina, e giardino e centottanta confort e Netflix e un portafoglio che consentiva loro di ordinare la cena a domicilio da un discreto ristorante, queste persone - inconsolabili e tristi – venivano, in un baleno immaginifico, trasferite in un bilocale. Con altre quattro persone. Con vista muro, senza internet e pasta di grano di provenienza indefinita a cuocere nella pentola. E un vino scadente, ma solo nei giorni di festa. Le persone che invece sino ad allora avevano speso il lockdown in almeno in quattro in un bilocale venivano, di colpo, senza preavviso, trasferite in un appartamento confortevole con vista mare, vista montagna, vista colline, cent'ottanta confort, Netflix e una bella cena e un costoso vino e tanti divani dover poter distendere la tristezza e la solitudine del lockdown. Era il sogno della vita finita a testa in giù. I primi, finiti nel bilocale, non realizzando il privilegio nel quale sino ad allora avevano vissuto, finivano col pensare che al peggio non vi è mai fine, e che la vita è un castigo uguale per tutti, e con naturalezza iniziavano a risognare le stesse cose che prima prendevano per scontate. In alcuni di loro invece, gradualmente, nasceva un senso più ampio della parola carcere, della parola buio, della stessa parola tristezza. Guardavano il muro orfani del mare e della montagna e delle colline, e capivano: anche la tristezza ha una prima, una seconda, una terza classe. I secondi, finiti negli appartamenti dei primi, muti di bellezza, guardavano il mare o la montagna o le colline, e mentre sedevano in giardino con il bicchiere di vino costoso, distesi sul divano, di colpo iniziavano a pensare la vita come a una possibile festa. Perché vedevano. Perché ora potevano avere il tempo di riflettere su ciò che era stata la loro vita. Sui sogni abdicati, le carezze non date, le promesse tradite, le battaglie non combattute. Ma soprattutto perché comprendevano, finalmente, che la disuguaglianza non è una legge naturale, e che il castigo sino ad allora vissuto era stato in realtà un doppio castigo. E capivano: anche la tristezza ha una prima, una seconda, una terza classe. E che il tramonto da quella finestra è più intenso, se si intravede il giorno in cui quel sole sarà identico per lo sguardo dei primi e lo sguardo degli ultimi. |
ALESSANDRO NEGRINI
Appunti, provocazioni, pinte e danze. Archives
June 2024
Alessandro Negrini
Regista per errore, poeta per caso, flaneur per scelta. |