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di Laura Bonelli

https://voceblunews.wordpress.com/2020/03/16/i-confini-ai-tempi-del-virus-intervista-con-il-regista-alessandro-negrini-per-il-suo-film-tides/


Il lungometraggio Tides del regista torinese Alessandro Negrini ha fatto il giro dei festival di tutto il mondo impressionando fortemente le giurie che l’hanno premiato con importanti riconoscimenti. Narra in modo poetico, profondo e struggente il concetto di confine partendo dalla situazione vissuta in una  città irlandese divisa  per questioni politiche e religiose, che per questo motivo ha due differenti nomi: Derry per i nazionalisti in gran parte cattolici, Londonderry per i protestanti. La attraversa  il fiume Foyle. In Tides è il narratore di questa barriera culturale. E’ sembrato interessante, in un momento di restrizione necessaria per via dell’emergenza coronavirus, fare una riflessione con il regista sul concetto di confine. Tides è disponibile sulla nuova piattaforma Indiecinema.


Tides parla di confini creati dall’uomo e in questo preciso momento è un argomento (e una situazione) di grande attualità. Qual è il tuo pensiero in merito?

I confini sono l’effetto di una visione di società che aborro: tutti divisi a proteggere il proprio orto, la propria famiglia, il proprio portafoglio. Ma è la cultura a cui apparteniamo, una Necroeconomia, una economia parassitaria che assume la morte come unica verità e come unico criterio di sopravvivenza. Per cui in tale orizzonte è del tutto normale sacrificare persone, popoli e la natura per il funzionamento del sistema. In questo orizzonte, trattare le persone e il lavoro come merce diventa normale così come dividerle con dei muri. Io voglio provare, non solo coi miei film e le storie che racconto, ma negli incontri, nelle birre, negli sguardi, d’essere portatore di un virus buono: l’idea che l’altro non sia un pericolo, ma una promessa. L’idea che non siamo ancora completamente nati come essere umani. Nel film Tides – Maree, dal fiume, emerge un altro territorio, che ci accomuna tutti: il territorio dei sogni dimenticati, delle promesse a sé stessi tradite, delle aspirazioni domate. Ognuno di noi è portatore di un pezzo mancante, e dar voce a questo territorio ci rivela come uguali. Persino il potente, colui che sfrutta, o il cittadino che aggredisce un suo simile, è portatore di questa disintegrazione interna: non si sogna più. Esistiamo come individualisti chinati anziché vivere per avvicinarci a diventare ciò che eravamo destinati a essere: potenziali esseri umani.

dal film Tides Sempre con riferimento al tuo film e alla ricerca che hai fatto sul concetto di limite ci sono degli aspetti positivi secondo te? La possibilità che il confine faccia scaturire nuove aspirazioni? Il confine è una cosa, il limite un’altra. Conoscere il proprio limite è un bene. Mentre l’unico aspetto positivo del vivere separato da un confine è la possibilità che il confine ci dà di farci ripensare il significato di alcune parole, in questo caso della parola “libertà”. Immaginare una nuova possibile, vera libertà.  Ma non parlo della libertà di fare ciò che ci pare.  Parlo della libertà del tentare di diventare completi esseri umani. Che non hanno più bisogno di recinti ma di ponti.  Di danze. Del provare a nascere veramente. Per fare ciò occorrono due cose: il pensiero critico, e la “visione”. Il pensiero critico lo dovresti acquisire a scuola, e la scuola in questo fallisce, in quanto pensata da un Sistema che il pensiero critico non lo vuole.  Rimane la “visione”, che è un istinto: immaginare ciò che non c’è. E vederlo. Immaginare e vedere ciò che potremmo essere, riaprire i nostri cassetti, vedere come in  una scena di Tides le foglie che si alzano da terra e tornano ad attaccarsi ai rami. Poi, personalmente sono ispirato da cose che sono diventate contraddizioni, cose che non so comprendere totalmente. Il fiume Foyle nell’Irlanda del Nord è diventato un muro liquido, che separa fisicamente due comunità. Ma è la stessa cosa che accade coi pianerottoli nelle case, nelle coppie, alle fermate degli autobus o in coda a un supermercato.  Senza senso, viviamo separati.  Con Tides ho voluto esplorare il tema del “confine” e le sue conseguenze sui nostri desideri e sogni – ma anche sperimentare e giocare con il linguaggio del cinema: come accade quando dormiamo e sogniamo, l’inconcepibile diventa concepibile e razionalmente accettabile. Una volta chiesero al grande regista surrealista Luis Buňuel: -Lei scrive per immaginare un mondo ciò che non c’è? Lui rispose: “Immagino ciò che c’è già prima che esista”. Siamo abitati da sogni, il cui respiro viene soffocato in quanto sognare è in sé un atto rivoluzionario. Quindi per rispondere alla tua domanda: sì, il confine può far scaturire nuove aspirazioni, può farci disegnare mappe di un territorio nuovo da esplorare, laddove non siamo ancora totalmente domati. E maturare la “visione” dell’evasione da questo infinito, invisibile carcere quale è la vita priva di sogni. Sogni non solo individuali. Non puoi mai essere completamente libero da solo.


Hai vissuto i confini della città di Derry e ora, come tutti noi, stai vivendo quelli imposti dalla necessità sanitaria scaturita dal coronavirus. Secondo te si possono trovare delle assonanze? Ci sono confini che sono sani, altri che sono tossici. Se metto una ringhiera sul balcone, non è una separazione, è una protezione sana per non morire cadendo.  Ma se la ringhiera la metto allo sguardo, se la paura diviene angoscia paranoide, allora è essa stessa virus.  Nel caso dell’emergenza sanitaria, la separazione implica un senso del “Noi”: mi limito, per proteggere non solo me stesso. Ma per proteggere gli altri. Le migliaia di persone che sono partite in massa per andare al sud, o in montagna nonostante gli inviti a non farlo in quanto pericoloso, hanno dentro un’amputazione tragica che le comanda: vivono prive del senso del “Noi”. Di quel “Noi” che ci fa percepire che il mio confine di essere umano è molto più in là della mia pelle, un Noi che ha una pelle collettiva, che pensa a proteggere i più deboli anziché sacrificarli. I confini della città di Derry sono invece frutto di un altro virus: l’assuefazione alla separazione. La cosa grave non è tanto vivere dietro a un muro, ma abituarcisi, arrivare a pensare che sia normale vivere una non vita. Ma non accade solo a Derry. Accade qui, nelle accademie, nelle storie d’amore. E poi non c’ mai tempo per ri-pensare. I carcerati veri vengono trattenuti, quelli che stanno fuori vengono perennemente intrattenuti. Così da non avere mai il tempo necessario per ripensare le parole “libertà, “amore”, “confine”.


Parli spesso di contrasto tra il concetto, oggi imperante, della necessità di confini e sicurezza e una vita dove i sogni e una visione onirica vivano senza essere estirpati.  Pensi che questa visione dominante del confine e della separazione si declini anche nelle relazioni personali? Le relazioni personali sono figlie della cultura che le produce. E questa cultura non ha spazio per l’amore.  L’amore è incontrollabile. La forma di amore di oggi è quella del – ti tengo se non mi complichi la vita, se non mi obblighi a guardarmi veramente dentro, se aderisci alla mia idea di amore, se non metti in crisi i miei meccanismi difensivi e le mie nevrosi. Questo è l’opposto dell’amore, che invece è inspiegabile e contradditorio, è una forza debordante, travalicante i confini.  Oggi spesso si ama come si compra, con l’assicurazione. Soddisfatti o rimborsati, e si abbandona il campo sacrificando l’amore in nome della sicurezza. Immemori che l’amore è cosa davvero rara. Immemori che deve esistere un dialogo perenne e coraggioso con la nostra follia, altrimenti siamo automi che si autoconvincono di amare.
Tides è disponibile sulla nuova piattaforma Indiecinema. Ci parli di questo progetto? Indiecinema è una iniziativa pregevole e coraggiosa ideata da Fabio Del Greco: creare un canale streaming in abbonamento per distribuire il cinema d’autore e indipendente. Sono stato felicissimo quando mi è stato proposto. Oltre a Tides è possibile vedere tantissimi film d’autore che difficilmente troveresti. Invito tutti a provarlo, è un altro modo di portare aria fresca al nostro sguardo.


https://www.indiecinema.it/videos/tides


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